Il mondo della luna, Barcellona, Generas, 1765

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Notte con luna e cielo stellato. Terrazo sopra la casa de Ecclitico con torre in un alto, o sia specula, ed un gran canocchiale su due cavalletti. Quattro faroli che illuminano il terrazo.
 
 ECCLITICO e quattro scolari
 
 TUTTI
 
    O luna lucente,
 di Febo sorella,
 che candida e bella
 risplendi lassù,
 
5   deh fa’ che i nostr’occhi
 s’accostino ai tuoi
 e scopriti a noi
 che cosa sei tu.
 
 ECCLITICO
 Basta, basta, discepoli,
10alla triforme dea le voci giunsero;
 esauditi sarete in breve termine.
 Su via, tosto sugli omeri
 prendete l’arcimassimo
 mio canocchial novissimo.
15Drizzatel su la specula
 perpendicolarmente inver l’ecclitica.
 Vuo’ veder se avvicinasi
 de’ due pianeti il sinodo,
 id est quando la luna al sol congiungesi,
20che dal mondo volgare ecclissi appellasi.
 Andate, andate subito
 pria che Cintia ritorni al suo decubito. (Prendono il canocciale e lo portano dentro)
 Oh le gran belle cose
 che a intendere si danno
25a quei che poco sanno per natura!
 Oh che gran bel mestier ch’è l’impostura!
 Io fo la parte mia
 con finta astrologia,
 ingannando egualmente i sciocchi e i dotti,
30che un bravo cacciator trova i merlotti.
 Eccone uno; ecco quel buon cervello
 del signor Bonafede.
 Da lui, che tutto crede,
 con una macchinetta,
35inventata dal mio sottile ingegno,
 far un colpo galante ora m’impegno.
 
 SCENA II
 
 BUONAFEDE e detto
 
 BONAFEDE
 Si puol entrar?
 ECCLITICO
                               Sì, venga, mi fa grazia.
 BONAFEDE
 Servo, signor Ecclitico;
 in che cosa si sta lei divertendo?
 ECCLITICO
40Nella speculazion di varie stelle.
 BONAFEDE
 Oh bellissime cose!
 Anch’io d’astrologia son dilettante
 ma quel che mi dà pena
 è il non saper trovar dottrina alcuna
45che mi sapia spiegar cos’è la luna.
 ECCLITICO
 La luna è un corpo diafano
 che dai raggi del sol è illuminato;
 ma in quel bel corpo luminoso e tondo
 che credete vi sia? V’è un altro mondo.
 BONAFEDE
50Oh che cosa mi dite?
 Colà v’è un altro mondo?
 Ma cosa son quei segni
 che si vedon nel corpo della luna?
 So che un giorno mia nonna,
55la qual non era sciocca,
 mi disse ch’ella avea gli occhi e la bocca.
 ECCLITICO
 Scioccherie, scioccherie. Le macchie oscure
 son del mondo lunar colline e monti.
 Non già monti sassosi,
60come da noi veggiam, ma son formati
 d’una tenue materia,
 la qual s’arrende e cede
 alla pression del piede;
 indi s’alza bel bello e non si spacca,
65onde l’uomo camina e non si stracca.
 BONAFEDE
 Oh che bel mondo! Ma ditemi, amico,
 come siete arrivato
 a scoprir cosa tale?
 ECCLITICO
 Ho fatto un canocchiale
70che arriva a penetrar cotanto in dentro
 che veder fa la superficie e il centro.
 Individua non solo
 i regni e le provincie
 ma le case, le piazze e le persone.
 BONAFEDE
75Oh bellissima cosa!
 Ma dite, non potrei,
 caro Ecclitico mio,
 col vostro canocchial veder anch’io?
 ECCLITICO
 Perché no? Benché io sia
80solo inventor della mirabil arte,
 voglio che ancora voi siate a parte.
 BONAFEDE
 Obligato vi sono e vi sarò.
 Vederete per voi cosa farò.
 ECCLITICO
 Nella specula entrate,
85nel canocchial mirate.
 Cose belle vedrete,
 cose rare, per cui voi stupirete.
 BONAFEDE
 Vado e provar io voglio
 se con quel canocchial sì lungo e tondo
90alla luna poss’io veder il fondo. (Entra nella specula)
 
 SCENA III
 
 ECCLITICO
 
 ECCLITICO
 Olà, Claudio, Pasquino, (Vengono due servi)
 la machina movete,
 onde mirando in quella
 il signor Bonafede
95movere le figure ad una ad una
 creda mirar nel mondo della luna. (Partono i servi e si muove la machina)
 Il signor Bonafede
 ora di veder crede
 le lunatiche donne sol lassù
100e lunatiche sono ancor quaggiù. (Bonafede esce della specula ridendo)
 BONAFEDE
 Ho veduto, ho veduto.
 ECCLITICO
                                           E cosa mai?
 BONAFEDE
 Ho veduto una cosa bella assai.
 
    Ho veduto una ragazza
 far carezze ad un vecchietto.
105Oh che gusto, oh che diletto
 che quel vecchio proverà.
 
    Oh che mondo benedetto,
 oh che gran felicità! (Rientra)
 
 ECCLITICO
 Se una ragazza fa carezze a un vecchio
110non la sprona l’amor ma l’interesse.
 Lo vezzeggia, lo adora
 ma che creppi il meschin non vede l’ora. (Bonafede esce della specula)
 BONAFEDE
 Ho veduto, ho veduto.
 ECCLITICO
                                           E che, signore?
 BONAFEDE
 Una cosa per cui rido di cuore.
 
115   Ho veduto un buon marito
 bastonar la propria moglie,
 per corregere il prorito
 d’una certa infedeltà.
 
    Oh che mondo ben compito!
120Oh che gusto che mi dà. (Torna nella specula)
 
 ECCLITICO
 Volesse il ciel che quanto
 fintamente ha mirato
 fosse nel nostro mondo praticato.
 Se gli uomini di garbo
125alle cattive mogli
 desser di bastonate un precipizio,
 avrebbero le donne più giudizio. (Bonafede torna uscir della specula)
 BONAFEDE
 Oh questa assai mi piace!
 ECCLITICO
                                                  Che vuol dire?
 BONAFEDE
 Ho veduto il contrario
130di quello che fra noi si suol usare
 da un uomo e da una donna praticar.
 
    Ho veduto dall’amante
 per il naso esser menata
 certa donna innamorata
135che chiedeva invan pietà.
 
    Oh che usanza prelibata!
 Oh si usasse ancora qua!
 
 ECCLITICO
 E qui ancor si useria,
 se gl’uomin non patisser la pazzia.
 BONAFEDE
140Caro signor Ecclitico,
 ho veduto gran cose;
 e per farvi veder che son contento
 questa borsa tenete.
 ECCLITICO
                                        Oh meraviglio!
 BONAFEDE
 Eh prendetela, via, che io così vuo’.
 ECCLITICO
145Se volete così, la prenderò.
 BONAFEDE
 Diman ritornerò.
 ECCLITICO
                                   Siete padrone.
 BONAFEDE
 Certo, quel canocchiale è assai ben fatto.
 Tutto, tutto si vede. Ho un gusto matto.
 
    La ragazza col vecchione,
150uh carina, bel piacer!
 Il marito col bastone,
 bravo, bravo, oh bel veder!
 Una donna per il naso,
 che bel colpo! Che bel caso!
155Oh che mondo benedetto!
 Oh che gran felicità!
 
    Che piacere, che diletto,
 o che gusto che mi dà!
 
 SCENA IV
 
 ECCLITICO, poi ERNESTO e CECCO
 
 ECCLITICO
 Io la caccia non fo alle sue monete;
160ma vorrei, se potessi,
 la sua figlia Clarice,
 custodita con tanta gelosia,
 torla dalle sue mani e farla mia.
 ERNESTO
 Amico, vi son schiavo.
 ECCLITICO
165Servo, signor Ernesto.
 CECCO
                                           Riverisco
 il signor segretario della luna.
 ECCLITICO
 Sei pazzo e tal morrai.
 ERNESTO
                                           Veduto uscire
 ho dalla vostra casa
 il signor Bonafede. È vostro amico?
 ECCLITICO
170Amico ed amicone
 della mia professione.
 ERNESTO
 Egli ha una bella figlia.
 ECCLITICO
                                             Anzi n’ha due.
 CECCO
 Anzi rassembra a me
 che colla cameriera n’abbia tre.
 ERNESTO
175Son di Flaminia amante.
 ECCLITICO
 Ed io Clarice adoro.
 CECCO
 Per Lisetta ancor io spasimo e moro.
 ERNESTO
 L’ho chiesta a Bonafede
 ed ei me l’ha negata.
 ECCLITICO
180Spera di maritar le proprie figlie
 con principi d’altezza.
 CECCO
                                           E così spera
 a un conte maritar la cameriera.
 ECCLITICO
 Corrisponde Flaminia all’amor vostro?
 ERNESTO
 Mi ama con tutto il cor.
 CECCO
                                             La mia Lisetta
185per le bellezze mie par impazzita.
 ECCLITICO
 E Clarice è di me pur invaghita.
 Ditemi, vogliam noi
 rapirle a questo pazzo?
 ERNESTO
                                             Il ciel volesse!
 ECCLITICO
 Secondatemi dunque e non temete.
 CECCO
190Un ottimo mezzan so che voi siete.
 ECCLITICO
 Di denar come state?
 ERNESTO
                                          Quando occorra,
 io vuoterò l’erario.
 CECCO
 Io sacrificherò tutto il salario.
 ECCLITICO
 Andiamo; ho un machinista
195che prodigi sa far. Con il mio ingegno
 oggi di far m’impegno
 che il signor Bonafede, o sia baggiano,
 le tre donne ci dia colla sua mano.
 CECCO
 Oh bravo!
 ERNESTO
                      E come mai?
 ECCLITICO
                                                Tutto saprete.
200Preparate monete,
 preparate di far quel che dirò
 e la parola mia manterrò.
 
    Un po’ di moneta,
 un poco di ingegno
205spendete, m’impegno,
 fidatevi a me.
 E ben che c’è?
 
    Che poca creanza! (A Cecco)
 Sentite; direte
210che speri Flaminia,
 che soffra Lisetta,
 che solo ci vuole
 un po’ di pacienza.
 Ma che impertinenza.
215Tirati in là, (A Cecco)
 m’avete capito
 l’affar così sta.
 
 SCENA V
 
 ERNESTO e CECCO
 
 CECCO
 Costui dovrebbe al certo
 esser ricco sfondato.
 ERNESTO
                                        E a che motivo?
 CECCO
220Perché a far il mezzano
 egli non ha difficoltade alcuna.
 Ed è questo un mestier che fa fortuna.
 ERNESTO
 Tu dici male; Ecclitico è sagace
 e se in ciò noi compiace
225il fa perché Clarice ei spera e l’ama.
 CECCO
 Ho inteso, ho inteso. Ei brama
 render contenti i desideri suoi
 e vuol far il piacer pagar a noi.
 ERNESTO
 Orsù taci e rammenta
230chi son io, chi sei tu.
 CECCO
 Per cent’anni, padron, non parlo più.
 ERNESTO
 Vado in questo momento
 denaro a proveder. Tu va’, m’attendi
 d’Ecclitico all’albergo, ove domani,
235mercé il di lui talento,
 spero che l’amor mio sarà contento.
 
    Quel labbro adorato
 mi è grato, m’accende,
 se vita mi rende,
240se morte mi dà.
 
    Non ama da vero
 quell’alma che ingrata
 non serve all’impero
 d’amata beltà.
 
 SCENA VI
 
 CECCO
 
 CECCO
245Qualche volta il padron mi fa da ridere.
 Ei segue il mondo stolido;
 cambia alle cose il termine
 e il nome cambia ben e spesso agli uomini.
 Per esempio a un ippocrita
250li dice uom divotissimo;
 all’avaro li dice un bravo economo
 e generoso vien chiamato il prodigo.
 Così appella talun bella la femina,
 perché sul volto suo la biacca semina.
 
255   Mi fanno ridere
 quelli che credono
 che quel che vedono
 sia verità.
 
    Non sano i semplici
260che tutti fingono,
 che il vero tingono
 di falsità.
 
 SCENA VII
 
 Camera in casa di Bonafede con loggia aperta, tavolino con lumi e sedie.
 
 FLAMINIA e CLARICE
 
 CLARICE
 Eh venite, germana,
 andiam su quella loggia
265a goder della notte il bel sereno.
 FLAMINIA
 Se il genitore austero
 ci ritrova colà, misere noi.
 CLARICE
 Che badi a’ fatti suoi.
 Ci vuol tener rinchiuse,
270e dall’aria difese,
 come fossimo noi tele di ragno?
 FLAMINIA
 Finché noi siam soggette
 al nostro genitor convien soffrire.
 CLARICE
 Ma io per vero dire,
275stanca di questa soggezion noiosa,
 non veggo l’ora d’essere la sposa.
 FLAMINIA
 E quando sarem spose
 avrem di soggezion finiti i guai?
 Anzi sarem sogette più che mai.
 CLARICE
280Eh sorella, i mariti
 non son più tanto austeri.
 Aman la libertade al par di noi
 ed abbada ciascuno ai fatti suoi.
 FLAMINIA
 Felici noi, se ci toccasse in sorte
285un marito alla moda. Ah sventurate,
 se un geloso ci tocca!
 CLARICE
                                        In pochi giorni
 o ch’io lo guarirei
 o che al mondo di là lo manderei.
 FLAMINIA
 Vorreste forse avvelenarlo?
 CLARICE
                                                    Oibò.
290Ma il segreto io so
 con cui questi gelosi
 delle donne si fan morir rabbiosi.
 FLAMINIA
 Se l’accordasse il padre,
 spererei con Ernesto esser felice.
 CLARICE
295Lo spererei anch’io
 con Ecclitico mio.
 FLAMINIA
 Quell’Ecclitico vostro
 è un uom ch’altro non pensa
 che a contemplar or l’una, or l’altra stella.
 CLARICE
300Questo è quello, sorella,
 che in lui mi piace più.
 Finché ei pensa alla luna ovvero al sole,
 la sua moglie farà quello che vuole.
 FLAMINIA
 Ma il genitor, io temo,
305non vorrà sodisfarci.
 CLARICE
                                        Evvi in tal caso
 un ottimo espediente.
 Maritarci da noi senza dir niente.
 FLAMINIA
 Ciò so che non conviene a onesta figlia
 ma se amor mi consiglia,
310e il padre a me si oppone,
 io temo che all’amor ceda ragione.
 
    Se più infelice oggetto
 occupa il mio pensiero,
 taci, non dirmi il vero,
315lasciami nell’error.
 
    È pena che avvelena
 un barbaro sospetto;
 ma una certezza è pena
 che opprime affatto un cor.
 
 SCENA VIII
 
 CLARICE, poi BONAFEDE
 
 BONAFEDE
320Brava, signora figlia,
 v’ho detto tante volte
 che non uscite dalla vostra stanza.
 CLARICE
 Ed io tant’altre volte
 mi sono dichiarata
325che non posso soffrir di star serrata.
 BONAFEDE
 E ben bene, fraschetta,
 so io quel che farò.
 CLARICE
                                     Sì, castigatemi;
 cacciatemi di casa e maritatemi.
 BONAFEDE
 Se io ti maritassi
330non castigarei te ma tuo marito.
 Né castigo magior dar gli potrei,
 quanto una donna pazza, qual tu sei.
 CLARICE
 Io pazza? V’ingannate.
 Pazza sarei qualora
335mi lasciassi un po’ troppo intimorire
 e avessi per rispetto a intisicchire.
 
    Son fanciulla da marito
 e lo voglio, il sapete,
 e se voi no mel darete,
340da me stessa il prenderò.
 
    Ritrovatemi un partito
 che sia proprio al genio mio
 o lasciate, farò io;
 se lo cerco il troverò.
 
 SCENA IX
 
 BONAFEDE e poi LISETTA
 
 BONAFEDE
345Se mandarla potessi
 nel mondo della luna, avrei speranza
 castigata veder la sua baldanza.
 LISETTA
 Serva, signor padrone.
 BONAFEDE
                                            Addio Lisetta.
 LISETTA
 Vuol cenare?
 BONAFEDE
                           È anco presto, aspetta un poco.
 LISETTA
350Ho posta già la panatella al foco.
 BONAFEDE
 Brava, brava. Lisetta, oh se sapessi
 le belle cose che ho vedute!
 LISETTA
                                                    E cosa
 ha veduto di bello?
 BONAFEDE
 Ho avuta la fortuna
355di mirar dentro al tondo della luna.
 LISETTA
 (Ecco la sua pazzia).
 BONAFEDE
                                        Senti, può darsi...
 Sai che ti voglio ben. Può darsi ancora,
 se tu mi sei fedel, se non ricusi
 di darmi un po’ d’aiuto,
360ch’io ti faccia veder quel che ho veduto.
 LISETTA
 Sapete pur ch’io sono
 vostra serva fedele e, se mi lice,
 vostra tenera amante.
 (Invaghita però sol del contante).
 BONAFEDE
365Quand’è così, mia cara,
 della ventura mia ti voglio a parte.
 Vedrai d’un uomo l’arte
 quanto può, quanto vale;
 le prodezze vedrai d’un canocchiale.
 LISETTA
370Vorrei che un canocchial si desse al mondo
 con cui vedeste il fondo
 del mio povero cor che sol per voi
 arde d’amore e fede.
 (Egli è pazzo da ver, se me lo crede).
 BONAFEDE
375Per rimirar là dentro
 in quel tuo cor sincero
 serve di canocchial il mio pensiero.
 Vedo che mi voi bene,
 vedo che tu sei mia.
 LISETTA
380(Ma non vede che questa è una pazzia).
 BONAFEDE
 Doman ti vuo’ condur dal bravo astrologo,
 vedrai quel che si pratica lassù
 dalle donne da ben, come sei tu.
 LISETTA
 
    Una donna come me
385non vi fu né vi sarà.
 Io son tutt’amor e fé,
 io son tutta carità.
 Domandate a chi lo sa,
 sì ch’è vero ognun dirà.
 
390   Io malizia in sen non ho;
 sono stata ognor così;
 poche volte dico no;
 quando posso, dico sì.
 Ma lo dico, già si sa,
395salva sempre l’onestà.
 
 SCENA X
 
 BONAFEDE, poi ECCLITICO
 
 ECCLITICO
 Ehi, signor Bonafede.
 Si puol entrar?
 BONAFEDE
                               Oh cappari, chi è qui?
 Venite, signorsì;
 cos’è sta novità?
400Qualche cosa di grande vi sarà.
 ECCLITICO
 Vengo da voi per sempre a licenziarmi.
 BONAFEDE
 Oh dei! Per sempre?
 Ditemi, cosa fu?
 ECCLITICO
 Amico, addio. Non ci vedrem mai più.
 BONAFEDE
405Voi mi fate morir. Ma perché mai?
 ECCLITICO
 Tutto confido a voi. Sapiate, amico,
 che il grand’imperatore
 del bel mondo lunar con lui mi vuole.
 BONAFEDE
 Come! È vero? Oh gran caso! Oh me infelice,
410se resto senza voi! Ma in qual maniera
 la voce di lassù poté arrivare?
 ECCLITICO
 Là nel mondo lunare
 un astrologo v’è come son io
 che ha fatto un canocchial simile al mio.
415Congiunti nella cima i canocchiali
 e levato il cristallo, o sia la lente,
 facilissimamente
 sento quel che si dice in l’altro mondo
 e col metodo stesso anch’io rispondo.
 BONAFEDE
420Oh prodigio! Oh prodigio! Ed in che modo
 sperate andar tant’alto?
 Dalla terra alla luna vi è un gran salto.
 ECCLITICO
 Tutto vuo’ confidarvi.
 Dal canocchiale istesso
425il grande imperatore
 mi ha fatto schizzettar certo licore
 che quando il beverò
 leggiermente alla luna io volerò.
 BONAFEDE
 Amico, ah se voleste
430aiutar mi potreste.
 ECCLITICO
                                     E come mai?
 BONAFEDE
 Schizzettatemi un po’ di quel licore
 che v’ha mandato il vostro imperatore.
 ECCLITICO
 (Eccolo nella rete).
 Orsù mi siete amico,
435vi voglio soddisfar. Quest’è il licore.
 Giacché non v’è nessuno,
 vuo’ che se lo beviam metà per uno.
 BONAFEDE
 E poi come faremo?
 ECCLITICO
 E poi si sentiremo
440sottilizzar le membra in forma tale
 che andremo in su, come se avessim l’ale.
 BONAFEDE
 Beverei ma non so...
 Sono fra il sì ed il no.
 ECCLITICO
 Compiacervi credevo;
445se pentito già siete, io solo bevo. (Finge de bevere)
 BONAFEDE
 Non lo bevete tuto
 per carità.
 ECCLITICO
                      Tenetemi, che ormai
 mi sembra di volare.
 Addio, vado.
 BONAFEDE
                          Fermate.
450Voglio venir anch’io.
 ECCLITICO
                                        Ecco, tenete
 il resto del licor dunque e bevete.
 BONAFEDE
 Ma le figliole mie? La mia serva?
 ECCLITICO
 Quando sarete là
 grazia per esse ancor s’impetrerà,
455vado, vado.
 BONAFEDE
                        Son qui. Bevo, aspettate. (Beve)
 ECCLITICO
 (Bevi, buon pro ti faccia.
 Io bevuto non ho. Fra pochi istanti
 dal sonnifero oppresso e addormentato,
 crederà nella luna esser portato).
 BONAFEDE
460Ecco bevuto ho anch’io.
 Mondo, mondaccio rio,
 per sempre t’abbandono.
 Uomo sopralunar fatto già sono.
 Ohimè sento un gran foco.
465Non posso star in piedi.
 ECCLITICO
                                              Accomodatevi. (Lo fa sedere)
 State pronto a salire e consolatevi.
 BONAFEDE
 Mi sembra di volar.
 ECCLITICO
                                       Lo credo anch’io.
 BONAFEDE
 Caro Ecclitico mio,
 ditemi dove sono, in terra o in aria.
 ECCLITICO
470Vi andate a poco a poco sollevando.
 BONAFEDE
 Sì, pare che mi vo sottilizzando.
 
    Vado, vado, volo, volo.
 
 ECCLITICO
 
 Bravo, bravo, mi consolo.
 
 BONAFEDE
 
 Dove siete?
 
 ECCLITICO
 
                         Volo anch’io.
 
 BONAFEDE, ECCLITICO A DUE
 
475Addio, mondo, mondo, addio. (Escono Clarice e Lisetta)
 
 CLARICE
 
 Caro padre, cosa c’è?
 
 LISETTA
 
 Padron mio, che cos’è?
 
 BONAFEDE
 
    Vado, vado, volo, volo.
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 Dove, dove.
 
 ECCLITICO
 
                         O che fortuna!
 
 BONAFEDE
 
480Vo nel mondo della luna.
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 More, more, ohimè che more!
 
 BONAFEDE
 
 O che gusto, oh che diletto!
 
 ECCLITICO
 
 Viva, viva, oh che fortuna!
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 More, more.
 
 BONAFEDE
 
                          Cara luna,
485vengo, vengo, vengo a te. (S’adormenta)
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
    More, more, presto, presto.
 Qualche spirto troverò.
 Presto, presto tornerò. (Partono)
 
 ECCLITICO
 
    Il bon sonnifero
490gli offusca il cerebro.
 Portar dagli uomini
 via lo farò.
 
    Fabrizio, Prospero, (Vengono due servi)
 su via prendetelo
495e là portatelo
 nel mio giardin. (Portano via Bonafede)
 
    Le donne tornano
 e si disperano,
 perché già credono
500morto il meschin. (Tornano Clarice e Liseta)
 
 CLARICE
 
    Povero padre, ahi che morì.
 
 LISETTA
 
 Ahi, che di vivere tosto finì.
 
 ECCLITICO
 
 No, non piangete, non è così.
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 Ahi, che di vivere tosto finì.
505Ahi, che tormento, ahi che morì!
 
 ECCLITICO
 
 Fe’ testamento, eccolo qui.
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
 Ahi, che tormento, ahi che morì!
 
 ECCLITICO
 
    «Lascio a Flaminia seimilla scudi,
 se di sposarsi risolverà».
 
 CLARICE
 
510Era mortale, questo si sa.
 
 ECCLITICO
 
    «Lascio a Lisetta cento ducati,
 quando il marito ritroverà».
 
 LISETTA
 
 Era assai vecchio; questo si sa.
 
 ECCLITICO
 
    Povero vecchio, più nol vedrete!
 
 CLARICE, LISETTA A DUE
 
515Ahi che tormento che voi mi date.
 Pronta è la dote, se la volete.
 Mi fate ridere, mi consolate.
 Viva chi vive.
 
 A TRE
 
                            Chi è morto è morto.
 Dulce conforto la dote sarà.
 
 Fine dell’atto primo